Il liberismo economico, o liberalismo economico, è una dottrina che sostiene la minima ingerenza dello Stato nell’economia e la massima apertura al libero mercato. In altre parole, secondo questa visione il mercato è in grado di autoregolarsi grazie a meccanismi spontanei di domanda e offerta.
Adam Smith descrisse questo equilibrio con la famosa metafora della “mano invisibile”, ovvero la capacità del mercato di orientarsi senza un controllo diretto dall’alto. Il significato del liberismo economico può quindi essere riassunto come un sistema in cui la libertà individuale di produrre, commerciare e scambiare prevale, mentre lo Stato mantiene un ruolo limitato.
Che cos’è il liberismo (definizione e principi)
Il liberismo economico è una dottrina che attribuisce al mercato il ruolo primario nell’allocazione delle risorse: prezzi e concorrenza coordinano decisioni di imprese e consumatori; lo Stato si limita a tutelare i diritti di proprietà, la certezza del diritto e pochi beni pubblici, astenendosi da interventi discrezionali sull’economia. In questa prospettiva, l’ideale è il laissez-faire, ossia “lasciare fare” al mercato in condizioni di libertà di mercato e di scambio.
In estrema sintesi l’intervento dello Stato deve essere ridotto al minimo; ad esempio alla costruzione di infrastrutture quali strade, ponti, autostrade e tutto ciò che si rende necessario per l’attività del mercato.
I principi del liberismo
Tre sono i principi fondamentali della filosofia liberista:
- Libera iniziativa privata e proprietà dei mezzi di produzione: si basa sul presupposto che ogni individuo è libero di intraprendere iniziative di tipo economico. Da un lato si pone la libertà dell’imprenditore di decidere autonomamente cosa, quanto e come produrre mentre dall’altro si pone la libertà dei consumatori di scegliere quali prodotti acquistare tra quelli presenti sul mercato.
- Mercato autoregolato: l’equilibrio emerge dall’incontro fra domanda e offerta attraverso i prezzi.
- Non intervento statale: funzioni pubbliche limitate a sicurezza, giustizia, infrastrutture essenziali e regole generali (no direttive su cosa, quanto e a che prezzo produrre).
L’evoluzione storica del liberismo
I principi del libero mercato si fondano su alcuni grandi pensatori:
- Adam Smith e il liberismo: considerato il padre del pensiero liberista, con La ricchezza delle nazioni (1776) ha posto le basi della teoria economica moderna, introducendo il concetto di scambio libero come motore di prosperità.
- Friedrich Hayek: ha sottolineato l’importanza dell’ordine spontaneo e della libertà individuale, opponendosi a ogni forma di pianificazione centralizzata.
- Vilfredo Pareto: ha contribuito con le sue teorie sull’efficienza e sulla distribuzione, introducendo il concetto di ottimo paretiano.
Adam Smith e l’Illuminismo economico
Come anticipato, l’origine del liberismo va ricercata nel clima dell’Illuminismo e trova un punto di svolta nel 1776, anno della pubblicazione dell’opera più celebre di Adam Smith, An Inquiry into the Nature and Causes of the Wealth of Nations. Smith è considerato il padre del pensiero liberista perché seppe contrapporre al mercantilismo, basato su protezionismo e dazi, una visione fondata sulla libertà di mercato.
Nella sua analisi mise in evidenza l’importanza della divisione del lavoro, il ruolo dei prezzi come meccanismo di coordinamento e la concorrenza come motore di crescita. Secondo la sua impostazione, lo Stato non doveva essere del tutto assente, ma limitarsi a garantire sicurezza, giustizia e infrastrutture di base. È in questo quadro che nasce il concetto di Adam Smith liberismo, ancora oggi centrale nello studio delle dottrine economiche.
Dalla rivoluzione industriale al libero scambio ottocentesco
Con la rivoluzione industriale, le idee liberiste trovarono un contesto favorevole. Il Regno Unito fu il principale laboratorio di questo modello: nel 1846 abolì le Corn Laws, riducendo drasticamente il protezionismo agricolo e aprendo la strada all’importazione di grano a prezzi più competitivi. Questo passaggio segnò una tappa decisiva nell’evoluzione storica del liberismo.
Pochi anni dopo, nel 1860, il Trattato Cobden-Chevalier tra Regno Unito e Francia avviò una stagione di accordi commerciali bilaterali che estese il principio del libero scambio a gran parte dell’Europa. Si trattò di un passo importante verso la costruzione di un mercato internazionale autoregolato, che anticipava le moderne istituzioni dedicate al commercio globale.
La crisi del liberismo storico
Nonostante questi successi, il modello liberista incontrò presto dei limiti. A partire dalla fine degli anni Settanta dell’Ottocento si diffuse una reazione protezionistica: la tariffa doganale tedesca del 1879 ne è un esempio, seguita da misure simili negli Stati Uniti e in altri paesi. Questo fenomeno segnò l’inizio della cosiddetta crisi del liberismo storico, che ridimensionò l’ideale del laissez-faire.
Il colpo finale arrivò con la grande crisi del 1929, quando il crollo dei mercati finanziari mise in discussione l’idea di un’economia lasciata unicamente alle forze del mercato. In risposta, molti governi avviarono politiche di intervento statale in economia, come il New Deal americano, che segnarono la fine della fase classica del liberismo e aprirono a nuove forme di regolazione economica.
Neoliberismo e globalizzazione
Dopo il 1945, l’apertura commerciale è istituzionalizzata con il GATT (1947), evoluto poi nell’Organizzazione Mondiale del Commercio – WTO (1995); in Europa nasce il Mercato unico con le “quattro libertà” (merci, servizi, capitali, persone). Negli anni ’80-’90 si afferma il neoliberismo, che promuove deregulation, privatizzazioni e libero scambio globale, spesso associato al cosiddetto Washington Consensus nei paesi emergenti.
Storia e protagonisti del liberismo in Italia
Il liberismo in Italia ha radici profonde. Già durante il periodo risorgimentale, figure come Camillo Benso di Cavour si fecero promotori dell’apertura commerciale come strumento di sviluppo. Nel Novecento, il pensiero liberista venne portato avanti da grandi economisti liberali italiani come Luigi Einaudi, Presidente della Repubblica e strenuo difensore della libertà economica come fondamento della democrazia.
Anche il già citato Vilfredo Pareto, pur conosciuto a livello internazionale, ebbe un ruolo di rilievo nel dibattito economico italiano, contribuendo a diffondere idee liberiste in ambito accademico e politico.
Stato e mercato nel liberismo
Nel rapporto tra Stato e mercato, il liberismo minimizza l’intervento statale in economia: lo Stato definisce regole generali (tutela della proprietà, contratti, concorrenza), fornisce pochi beni pubblici e evita politiche di prezzo, sussidi settoriali o pianificazione della produzione. Assenza dello Stato significa, ad esempio:
- niente fissazione amministrativa dei prezzi o dei salari;
- poche barriere all’entrata e limitate autorizzazioni;
- liberalizzazione degli scambi e riduzione di dazi;
- strumenti di welfare ridotti e selettivi;
- attenzione ai rischi: esternalità (ambiente, sicurezza) e poteri di mercato possono richiedere regole minime pro-concorrenza (ordoliberalismo).
Liberismo e liberalismo: differenze
Mentre il liberismo è una dottrina economica basata sul disimpegno dello Stato dall’ambito economico di un Paese il liberalismo è un’ideologia politica basata sui diritti fondamentali e inviolabili dell’individuo, ovvero sull’eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge.
| Aspetto | Liberismo | Liberalismo |
|---|---|---|
| Natura | Dottrina economica incentrata sul mercato | Dottrina politico-filosofica incentrata sui diritti e i limiti al potere |
| Focus | Libertà economica, concorrenza, non intervento | Libertà civili, Stato di diritto, separazione dei poteri |
| Obiettivo | Efficienza allocativa, crescita da individualismo economico | Tutela delle libertà individuali e eguaglianza giuridica |
| Ruolo dello Stato | Minimo (regole generali, beni pubblici essenziali) | Limitato ma necessario per garantire diritti e istituzioni |
Critiche e dibattiti contemporanei
Il liberismo, pur essendo alla base di molte economie moderne, non è esente da critiche. Tra i limiti del liberismo economico si evidenziano:
- la tendenza ad aumentare la disuguaglianza sociale, poiché non tutti gli individui partono dalle stesse condizioni;
- il rischio di instabilità finanziaria, con crisi cicliche dovute a bolle speculative;
- la possibile riduzione dei servizi pubblici essenziali (sanità, istruzione, welfare) a favore delle logiche di mercato.
Il dibattito sul liberismo moderno si concentra sul ruolo dello Stato: alcuni sostengono la necessità di bilanciare mercato e intervento pubblico, altri ritengono che la regolamentazione debba essere minima per non soffocare l’iniziativa privata.
Applicazioni pratiche e contesto attuale
Nella pratica, il liberismo ha influenzato numerose politiche liberali in Italia ed Europa. Negli anni ’90, ad esempio, l’Italia ha vissuto una stagione di privatizzazioni e di liberalizzazione dei mercati, in settori come energia, telecomunicazioni e trasporti.
Oggi, il grado di libertà economica in Italia è monitorato da indici internazionali (come l’Index of Economic Freedom), che mettono in luce punti di forza e criticità nel rapporto tra mercato e Stato. Gli esempi di liberismo oggi sono visibili nelle riforme orientate a favorire la concorrenza e nella discussione continua su come bilanciare l’apertura economica con la tutela sociale.
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