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Sindrome di Burn Out: cos’è, sintomi, cause e come prevenirlo

Fino a qualche tempo fa lo stress legato allo svolgimento di un’attività professionale veniva sottovalutato, considerato fisiologico sia dai lavoratori stessi che dai datori di lavoro; oggi invece si parla sempre più spesso di sindrome di burnout, ma non tutti sanno cos’è e come si manifesta.

Partiamo da una premessa, fondamentale per comprendere a fondo l’argomento tanto delicato quanto articolato e complesso.

La freneticità della società attuale, fortemente orientata alla produttività, costringe le persone a sostenere ritmi di lavoro serrati, per i quali è piuttosto facile sentirsi stressati.

In molti casi lo stress viene considerato come una ‘normale’ conseguenza di responsabilità importanti, ovvero carichi di lavoro importanti sia da un punto di vista fisico che psicologico ed emotivo.

Oggi, alla luce di un aumento di casi associati a sindrome di burnout, si avverte l’esigenza di un cambiamento per cui viene posta una particolare attenzione al benessere e alla salute dei lavoratori.

Burn out: che cos’è

Attualmente il burn out non figura nel DSM (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali).

Tuttavia l’Organizzazione Mondiale della Sanità (in acronimo OMS) riconosce ufficialmente il burnout come una sindrome inserendola nell’International Classification o Diseases, e più precisamente nel capitolo Icd-11 che riguarda i ‘fattori che influenzano lo stato di salute’.

Pur essendo previsto l’intervento dei servizi sanitari non è comunque classificato come malattia o condizione medica; piuttosto viene definito un ‘fenomeno ‘occupazionale’ che può seriamente minacciare il benessere dei lavoratori e compromettere la salute fisica e mentale.

Nel dettaglio l’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce il burnout una sindrome concettualizzata come conseguenza di stress sul posto di lavoro non gestito con successo.
Si tratta di una sindrome caratterizzata essenzialmente da tre dimensioni:

  • Sensazione di esaurimento delle energie
  • Distacco dal lavoro
  • Riduzione dell’efficienza lavorativa

Si sviluppa quindi all’interno di contesti lavorativi; ciò significa che il termine non dovrebbe essere utilizzato per la descrizione di esperienze che riguardano altri ambiti di vita, anche se spesso i sintomi sono comuni anche ad altre forme di stress.

L’OMS ha definito le linee guida per la diagnosi ma non ha definito alcuna direttiva per quanto riguarda la cura.

Nell’ambito della diagnosi l’esperto deve quindi escludere la possibilità che i sintomi si riferiscano ad altre problematiche come ad esempio la depressione e l’ansia

Le 4 fasi

Dopo aver compreso cos’è il burnout cerchiamo di analizzarne le fasi, ovvero i processi attraverso i quali si manifesta ed evolve il disturbo.

Dal punto di vista dello sviluppo della sindrome sono state individuate 4 fasi:

  1. Entusiasmo idealistico
  2. Stagnazione
  3. Frustrazione
  4. Disimpegno

Analizziamole una per una nel dettaglio per capire in cosa consistono e come si sviluppano.

La fase numero uno viene definita ‘fase dell’entusiasmo idealistico’ o anche ‘fase preparatoria’.
Il lavoratore, spinto da una forte motivazione (ad es. aiutare gli altri, rendersi utile o in generale emergere e avere successo), impiega molte energie nello svolgimento delle proprie mansioni.

Aspettative irrealistiche e di ‘onnipotenza’ diventano il motivo per il quale si arriva a sacrificare tutto ciò che esula dalla sfera lavorativa, per cui famiglia, amici, bisogni ed esigenze personali e interessi extra-lavorativi.

La fase numero due viene definita ‘fase di stagnazione’.

Si tratta del momento in cui scatta l’insoddisfazione e ci si accorge che il lavoro non si alllinea più ai propri bisogni e alle proprie ambizioni.
Pur continuando a lavorare vengono generati una serie di insuccessi professionali che portano ad un inevitabile senso di delusione.

La fase numero tre è identificata nella ‘fase di frustrazione’, che è considerata quella in cui praticamente si aggrava la sindrome.

Il livello di autostima si abbassa drasticamente per cui il lavoratore inizia a sentirsi inutile e inadeguato; inizia a percepire una condizione di sfruttamento.
Ne consegue uno scarso apprezzamento da parte degli altri, sia dei propri superiori che degli utenti/clienti.

In questa fase possono verificarsi atteggiamenti di aggressività sia verso se stesso e sia verso gli altri.
La tendenza comune è quella di allontanarsi dal contesto lavorativo (pause lunghissime, assenze per malattia, fughe ecc.).

La quarta fase viene definita ‘fase del disimpegno emozionale’.

Si tratta del momento in cui emerge una profonda apatia, ovvero una vera e propria disaffezione dalla professione.
Il lavoratore perde interesse nei confronti del proprio lavoro, diventando indifferente, intollerante, insofferente e particolarmente cinico.

I sintomi

La sindrome di burnout raramente si palesa in maniera improvvisa; al contrario si sviluppa gradualmente attraverso un processo subdolo che inzialmente è difficile da identificare.

I primi campanelli di allarme vengono spesso considerati come fisiologiche conseguenze di un periodo di stress lavorativo.
Sintomi come l’insonnia, il mal di stomaco e il mal di testa vengono considerati ‘normali’ in relazione ai ritmi sostenuti.

Il processo di sviluppo della sindrome parte da una fase di grande impegno da parte del lavoratore, il cui unico obiettivo è svolgere con diligenza le proprie mansioni mantenendo alto il proprio rendimento.
Si arriva quindi a condizioni di sfinimento sia fisico che psichico determinate dal grosso carico di lavoro.

La sindrome di burn out causa sintomi che colpiscono l’individuo sia a livello fisico che psicoemotivo e comportamentale.

Iniziamo dall’elenco dei sintomi fisici, tra i quali abbiamo selezionati i più comuni:

  • Mal di testa
  • Stanchezza
  • Insonnia
  • Difficoltà digestive
  • Nausea
  • Inappetenza
  • Senso di soffocamento
  • Tensioni muscolari
  • Tremori
  • Vertigini
  • Tachicardia

Per quanto riguarda invece i sintomi legati alla sfera emotivo-cognitiva il lavoratore si sente attanagliato da un forte esaurimento; si sente totalmente annullato dal proprio lavoro.
La condizione determina:

  • Difficoltà di concentrazione
  • Demotivazione
  • Agitazione
  • Infelicità
  • Rabbia e risentimento
  • Sensi di colpa
  • Nervosismo
  • Indecisione
  • Pianti frequenti
  • Bassa autostima
  • Preoccupazione costante
  • Avversione verso le relazioni sociali
  • Delusione

Passiamo quindi ad analizzare quelle che sono i segnali, inequivocabili, che si manifestano durante lo svolgimento della professione, e che quindi si ripercuotono negativamente sull’efficacia professionale.

Il sintomo che in maniera più palese indica la presenza della sindrome è il distacco mentale dai propri compiti.
Ci si orienta verso una sorta di isolamento che tiene lontane sia l’attività professionale in senso stretto che le persone (colleghi, datori, clienti ecc.).
L’intolleranza e l’insofferenza verso colleghi e clienti genera atteggiamenti di conflittualità e comportamenti negativi.

Sensazioni di inadeguatezza e bassa autostima determinano la convinzione di aver fallito.
Il lavoratore si convince di essere inefficiente e inevitabilmente cala la produttività professionale

Nei casi più gravi il lavoratore si riversa nell’abuso di alcol e psicofarmaci, fino ad arrivare a praticare l’autolesionismo.

Le cause

Passiamo ad analizzare le cause del burnout ovvero i fattori che maggiormente contribuiscono allo sviluppo della sindrome.

Sono state individuate tre principali categorie di fattori di rischio:

  • Fattori individuali
  • Fattori organizzativi
  • Fattori socio-culturali

I fattori individuali includono i dati demografici come ad esempio il sesso, l’età, l’etnia e lo stato civile; ma anche fattori legati alla personalità come ad esempio la timidezza o l’essere eccessivamente esigenti.

Per quanto riguarda il fattore organizzativo, la fonte di stress è identificabile nella quotidianità lavorativa, nelle relazioni con i colleghi, nella mancanza di adeguata attività formativa, nella retribuzione inadeguata alle mansioni svolte, nelle ore di straordinario spesso non retribuite.

Nella categoria dei fattori socio-culturali vengono inseriti la sfiducia e l’arrogranza da parte dei clienti e degli utenti, la svalutazione del lavoro dell’operatore da parte degli altri, l’eccessiva clientela rispetto agli operatori disponibili.

In linea generale ecco raggruppati nel seguente elenco le principali cause di burnout:

  • Eccessivo carico di lavoro di fronte al quale si prova un profondo senso di smarrimento
  • Sensazione di stanchezza per la quale non ci si sente pronti ad affrontare una nuovo progetto
  • Mancanza di stimoli per la quale si genera monotonia
  • Retribuzione inadeguata per la quale si ha la percezione di scarso riconoscimento del valore professionale
  • Relazioni tossiche con i colleghi sul posto di lavoro per le quali diminuisce l’empatia e aumentano il cinismo e lo stress
  • Trattamenti ingiusti per i quali si genera la percezione di una svalutazione del lavoro
  • Personalità emotiva e bassa autostima
  • Rigidità degli orari
  • Scarse o inadeguate misure di sicurezza e prevenzione
  • Mancanza di supporto psicologico

I soggetti più colpiti dal burn out

Partendo dalla premessa che la sindrome di burnout può colpire chiunque e in qualunque contesto lavorativo è opportuno comunque precisare che i soggetti più colpiti sono quelli che svolgono le ‘helping professions’, ovvero le cosiddette ‘professioni di aiuto’.

Si tratta in pratica di quelle professioni di tipo sanitario e assistenziale che prevedono contatti diretti e frequenti con altri esseri umani, ma soprattutto con le relative emozioni, esigenze e problematiche.

I profili più colpiti dal burnout sono quindi i medici, gli infermieri, gli operatori OSS, gli psicologi e gli insegnanti.

Ma anche i poliziotti, i vigili del fuoco e tutte le professionalità preposte alla gestione delle emergenze.

Tra i soggetti più colpiti anche i professionisti che ricoprono posizioni di grande responsabilità e quelli che affrontano quotidianamente implicazioni di tipo relazionale piuttosto impattanti come ad esempio l’avvocato, il politico, l’impiegato delle poste, il ristoratore e l’impiegaton d’ufficio.

A livello caratteriale i soggetti che più frequentemente vengono colpiti da burnout sono quelli introversi e quelli eccesivamente esigenti, sia verso se stessi che verso gli altri.

Allo stesso modo sono a rischio le personalità che si pongono obiettivi poco realistici, o addirittura irrealizzabili, e quelle che si annullano totalmente per il lavoro autoescludendosi da ogni forma di vita sociale.

Credits: gustavofrazao / Depositphotos.com

Diagnosi e cura del burn out

La sindrome di burnout può essere diagnosticata da un professionista qualificato, come ad esempio uno psicologo, uno psichiatra o un medico del lavoro.

Lo strumento per capire l’effettiva presenza della sindrome e per stabilire un adeguato intervento è il colloquio, attraverso il quale vengono raccolte tutte le informazioni necessarie a comprendere l’entità del disagio e le relative caratteristiche.

Il colloquio serve anche a capire le cause della sindrome e i fattori che lo scatenano.

Per risolvere il disagio legato al burnout è necessario intervenire sia a livello individuale che organizzativo.

Come primo step il paziente prende consapevolezza del problema, delle ripercussioni che ha sulla propria vita professionale e dei fattori che lo determinano.
Il tutto viene contestualizzato nel proprio vissuto e nell’ambito lavorativo in cui opera.

Dalla consapevolezza si passa ad intervenire praticamente sul comportamento e sugli atteggiamenti da correggere.

Per affrontare il processo appena descritto si rende necessario l’intervento di uno psicoterapeuta.

Generalmente gli interventi più utilizzati ed efficaci per la cura del burnout sono quelli cognitivo-comportamentali.
Si tratta di un percorso che mira a fornire al paziente una serie di informazioni sul suo disagio, mettendo in evidenza ad esempio i sintomi e le cause che li determinano.

La gestione del burnout, ovvero la cura, si concretizza in una serie di step:

  • Esame della realtà
  • Ripristino delle principali funzioni del paziente
  • Riduzione delle difficoltà psicologiche
  • Riduzione delle difficoltà cognitive
  • Superamento delle situazioni sintomatiche
  • Ripristino di un nuovo equilibrio

Prevenzione

Lo stress, come abbiamo più volte sottolineato nel corso di questo articolo, è diventato una costante della società moderna.
In ambito lavorativo è praticamente una certezza.

Per evitare che lo stress raggiunga livelli troppo elevati, difficili da tollerare e gestire sia fisicamente che emotivamente, è necessario giocare di anticipo.
La prevenzione, in tal senso, diventa fondamentale.

A livello generale i consigli degli esperti per prevenire in maniera autonoma il burnout partono dal rispetto di quelle che sono le basi del benessere di corpo e mente: dormire un numero adeguato di ore a notte, mangiare sano e svolgere attività fisica.

È importante riuscire a ritagliarsi del tempo libero; dedicarsi ai propri interessi e hobby aiuta a scaricare le tensioni e a rigenerare il cervello.

A livello lavorativo l’atteggiamento da adottare per prevenire l’insorgere della sindrome prevede una serie di accorgimenti.
Fissare obiettivi raggiungibili, evitando ateggiamenti di onnipotenza è il punto di partenza per combattere lo stress.

Imaparare ad individuare e definire le priorità, per gestire i momenti in cui la mole di lavoro diventa eccessiva, è un altro passaggio fondamentale per prevenire il burnout.

È altrettanto importante evitare comportamenti di conflittualità nei confronti di colleghi e superiori, cercando di mantenere sempre un atteggiamento proattivo nei loro confronti.

Quando non si riesce ad evitare il disagio o a risolverlo autonomamente si rende necessario l’intervento di un professionista, ovvero di un profilo esperto nella gestione della sindrome.
La professionalità di un esperto è richiesta sia dai singoli individui in situazioni di particolare disagio e sia in contesti in cui si intende svolgere attività di prevenzione di gruppo, ad esempio nelle aziende.

Il percorso terapeutico è lo strumento attraverso il quale il lavoratore ha la possibilità di riportare l’autostima a livelli medio-alti e di sviluppare la resilienza necessaria per far fronte alle situazioni lavorative e ai diversi fattori stressogeni legati alle proprie mansioni.

Professionisti come il medico del lavoro, lo psichiatra o lo psicologo possono aiutare a risolvere la problematica con incontri periodici, la cui cadenza viene stabilita sulla base delle singole esigenze.

La specializzazione post-laurea per professionisti

La relazione è il punto focale intorno al quale ruota gran parte delle attività di prevenzione, di gestione e della risoluzione del burnout.

Le situazioni di disagio che rientrano nei contesti educativi richiedono approcci adeguati che non fanno riferimento soltanto agli aspetti puramente didattici ma che si allargano ai fattori relazionali.
La gestione delle relazioni fa chiaramente riferimento a tutti gli individui presenti in un contesto educativo per cui sia agli insegnanti/educatori e sia agli studenti.

Nell’ambito delle specializzazioni post-laurea che consentono di approfondire l’argomento segnaliamo il master in ‘Didattiche e strumenti innovativi – Dinamiche relazionali e gestione del burnout’ attivato dall’università telematica Niccolò Cusano.

Il master di primo livello è indirizzato in particolare a tutti quei professionisti attivi nel campo dell’educazione e nei contesti socio-assistenziali, per cui insegnanti, educatori, psicologi, assistenti sociali.

Attraverso una didattica orientata all’efficacia e al benessere organizzativo il corso mira a sviluppare nei corsisti le capacità per gestire le relazioni; capacità essenziali per tutte quelle professioni che afferiscono alle relazioni di aiuto e all’educazione.

Partendo dalla consapevolezza e dalla comprensione delle proprie emozioni il corsista ha la possibilità di capire a fondo le difficoltà e i disagi altrui, così da riuscire ad individuare gli interventi più idonei per favorire il benessere e la qualità dei processi educativi e dei servizi erogati.

Il programma mira a ridefinire in positivo il burnout in diverse figure professionali, favorendo un processo educativo più inclusivo, rispettoso delle differenze, e una migliore gestione delle dinamiche relazionali di gruppo.

Ecco nel dettaglio il programma e i relativi argomenti:

  • Modello epistemologico: l’osservazione dei sistemi umani – la teoria dei sistemi e la seconda cibernetica
  • Le emozioni nel gruppo di lavoro: natura delle emozioni – le emozioni in età evolutiva e adulta – il ruolo delle emozioni nel processo di apprendimento e di crescita – le relazioni di aiuto/educativa – intelligenza emotiva ed empatia
  • Lo sviluppo sociale: lo sviluppo del se e l’etica – il rapporto tra pari e gli adulti di riferimento – prevenzione della discriminazione e del pregiudizio – la diversità come ricchezza
  • Il disagio nel contesto scolastico/lavorativo: autostima, autoefficacia percepita e importanza appresa – l’ansia in età evolutiva – la depressione in età evolutiva – le condotte antisociali a scuola – difficoltà di integrazione (DSA, handicap, DHAD) – prevenzione di ogni forma di discriminazione violenza bullismo – identità di genere – educazione alla parità dei sessi
  • La gestione del disagio emozionale nel gruppo di pari: la comunicazione emozionale nella relazione di aiuto ed educativa – l’intelligenza emotiva, comportamento e apprendimento
  • Competenza e relazione di aiuto: il se e l’altro come risorsa – la collaborazione con l’altro – insegnanti/educatori specchio per gli allievi – dal disagio alle proposte – la creazione di un circuito virtuoso (un sistema di relazioni come contenitore di benessere degli operatori).

Molti degli argomenti sono approfonditi attraverso casi simulati, il cui obiettivo è chiarire ulteriormente i concetti studiati e avvicinare il corsista alle realtà dei vari settori operativi.

Nel programma sono inclusi anche una serie di workshop esperienziali, ovvero laboratori facoltativi che consentono di applicare la teoria a situazioni pratiche e di verificare il livello di comprensione degli argomenti.

Il costo del master annuo è di 500,00 euro, da corrispondere in due rate da 250,00 euro ciascuna.

Per consentire la specializzazione anche ai professionisti già attivi dal punto di vista lavorativo, Unicusano ha attivato il master in modalità telematica.
Si tratta di una metodologia innovtiva ed estremamente pratica che consente di seguire il corso a distanza, utilizzando le funzionalità di una piattaforma digitale che mette in comunicazione il corsista con l’università.

L’e-learning Unicusano consente di seguire le lezioni, in streaming o in video-conferenza, comodamente online, da un pc o anche da un dispositivo mobile.
L’accesso alla piattaforma, e quindi a tutto il materiale didattico didattico necessario per superare le prove, non prevede limitazioni di giorni o di orari, per cui il corsista può scegliere di studiare a qualunque ora del giorno o della notte, 7 giorni su 7.
Grazie alla modalità telematica è possibile personalizzare l’apprendimento, così da riuscire a conciliare la specializzazione con il lavoro senza lo stress di dover incastrare orari e impegni.

Per ulteriori info e dettagli sul programma di studi del master e sulle modalità di iscrizione non esitare a contattare il nostro staff attraverso il form online che trovi cliccando qui!

Credits: robertprzybysz / Depositphotos.com

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