Corsi di Laurea | 22 Aprile 2023
Lavoro da dipendente e autonomo: pro e contro

Lavoro da dipendente e autonomo: pro e contro

Tra i dubbi amletici che ogni singolo individuo deve affrontare prima o poi nel corso della propria vita figura quello relativo alla modalità lavorativa: lavoro da dipendente e autonomo, quale scegliere?

Dato per scontato che per vivere bisogna lavorare, a parte qualche rara e fortunata eccezione, è importante decidere come lavorare, ovvero se intraprendere la strada della libera professione oppure se preferire la condizione del dipendente.

Chiaramente, entrambe le possibilità presentano vantaggi e svantaggi; entrambe le opzioni presentano potenzialità, incognite e rischi per i quali non è possibile individuare la ‘scelta giusta’ per tutti.
È pertanto importante conoscere i pro e contro delle due diverse opportunità per poter valutare in maniera ponderata quale strada intraprendere.

Che differenza c’è tra lavoro autonomo e dipendente

Prima di addentrarci nel cuore del nostro post e di scoprire quali sono i vantaggi e gli svantaggi del lavoro dipendente e di quello autonomo cerchiamo di capire cosa significa lavorare alle dipendenze e cosa significa lavorare da freelance.

Il Codice Civile, all’articolo 2094, riporta la seguente definizione di lavoratore dipendente, ovvero del ‘prestatore di lavoro subordinato’:

“È prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell’impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore.”

L’aggiornamento del 18 dicembre 1973 (L. 977) chiarisce:

“La subordinazione, agli effetti della presente legge e in deroga a quanto stabilito dall’articolo 2094 del Codice Civile, ricorre quando il lavoratore a domicilio è tenuto ad osservare le direttive dell’imprenditore circa le modalità di esecuzione, le caratteristiche e i requisiti del lavoro da svolgere nella esecuzione parziale, nel completamento o nell’intera lavorazione di prodotti oggetto dell’attività dell’imprenditore committente.”

Per quanto riguarda invece il lavoratore in proprio, ovvero il contratto d’opera, il Codice Civile riporta all’articolo 2222 la seguente definizione:

“Quando una persona si obbliga a compiere verso corrispettivo un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente, si applicano le norme di questo capo, salvo che il rapporto abbia una disciplina particolare nel libro IV.”

Alla luce delle due definizioni appena analizzate si evince la principale differenza tra lavoro autonomo e dipendente.
Lavorare in proprio significa essere il capo di se stessi, ossia svolgere una certa prestazione d’opera o un servizio senza vincoli di subordinazione; al contrario il dipendente svolge il proprio lavoro (attività manuale o intellettuale) sotto la direzione di un datore di lavoro.

Meglio il posto fisso o il lavoro autonomo: pro e contro

Il lavoro dipendente è noioso, monotono ma sicuro. Il lavoro autonomo è stimolante ma rischioso.

Entrambe le affermazioni possono essere condivise o meno, a seconda della personalità, del carattere e delle ambizioni del lavoratore.
Ecco perché prima di decidere quale strada intraprendere è importante partire da quelle che sono le personali attitudini e peculiarità caratteriali.
Si parte quindi dalla formazione acquisita o da acquisire; dai corsi di laurea online frequentati, dai master conseguiti e dagli eventuali corsi di formazione professionale frequentati.
Si passa quindi all’analisi delle caratteristiche personali, alcune delle quali più affini alla modalità lavorativa ‘dipendente’ e altre più idonee allo svolgimento della libera professione.

Prima di addentrarci nell’ambito dei vantaggi e degli svantaggi delle due modalità lavorative è d’obbligo una precisazione: qualunque decisione non è irrevocabile.
Nel momento in cui ci si rende conto che la modalità scelta non si allinea alla propria persona è possibile invertire la rotta, valutando il passaggio da lavoratore dipendente a lavoratore autonomo, o viceversa.

La retribuzione, le tasse e i contributi

Partiamo dall’aspetto economico e dalle differenze che caratterizzano le due modalità lavorative.

Il lavoro del dipendente viene retribuito con uno stipendio mensile fisso, al quale si aggiungono una serie di altre spettanze come ad esempio la tredicesima, la quattordicesima, la malattia.
Inoltre al dipendente spettano un tot di ferie annuali, commisurate ad una serie di fattori quali ad esempio il tipo di contratto e l’anzianità del lavoratore.
Durante il periodo di ferie, pur non svolgendo alcuna attività, il dipendente percepisce comunque lo stipendio.

Al contrario, lavorare in proprio significa non avere la garanzia di un fisso mensile.
I guadagni di un freelance dipendono da una serie di fattori quali ad esempio l’esperienza e la professionalità, il mercato e la competitività, il tempo dedicato all’attività e tanti altri.
Inoltre, essendo il capo di se stesso, il lavoratore autonomo non gode di ferie pagate né di malattia.
Ha la libertà di decidere i giorni di ferie basandosi esclusivamente sulle personali esigenze e valutazioni lavorative; ma quando non svolge attività lavorativa non percepisce entrate.
Lo stesso discorso vale per i giorni di malattia, per i quali lo stop dal lavoro non genera guadagni.

Un altro aspetto di natura economica, pratica e burocratica che determina un’importante differenza tra lavoro autonomo e lavoro dipendente è quello delle tasse e dei contributi.

Il dipendente non è tenuto a preoccuparsi della gestione dei pagamenti contributivi; il versamento allo Stato e tutti gli adempimenti correlati vengono gestiti dall’azienda.

Chi lavora in proprio invece deve preoccuparsi di gestire personalmente gli adempimenti relativi a tasse e contributi, o comunque è tenuto a sostenere gli oneri derivanti dalla gestione affidata a terzi (studi di consulenza e professionisti vari).

Lo stesso TFR determina un’importante differenza tra freelance e dipendente.
Al primo non spetta alcun trattamento di fine rapporto mentre il dipendente, al termine della sua prestazione lavorativa con un’azienda, ovvero al termine di un contratto di lavoro, percepisce una somma commisurata all’inquadramento e al tempo di permanenza.

Chiaramente nel caso del lavoratore autonomo esistono delle differenze sostanziali tra chi è in fase di lancio, o comunque all’inizio, e chi invece può contare su un’attività ben avviata e consolidata.

L’orario di lavoro

L’orario di lavoro è l’aspetto che attrae i lavoratori dipendenti e che li porta a protendere verso una carriera da freelance.

Il dipendente è vincolato al rispetto di orari precisi, prestabiliti dal datore di lavoro in base alle esigenze lavorative. Ciò significa che, salvo rare eccezioni, il lavoratore non gode di alcuna autonomia e flessibilità.
L’organizzazione della propria quotidianità è subordinata, e quindi fortemente condizionata, agli orari lavorativi.

Attenzione però, quello che solitamente viene inserito tra gli svantaggi per il lavoratore dipendente può anche essere considerato un vantaggio.
Se da un lato il vincolo degli orari può risultare limitante e fastidioso, dall’altro comporta dei riferimenti temporali precisi sia per ciò che concerne l’inizio che la fine di una giornata lavorativa.

Per tanti freelance, soprattutto durante la fase di avvio, gli orari non esistono e le giornate superano di gran lunga le canoniche otto ore.
L’esigenza di avviare un’attività, di generare profitto, di farsi conoscere e apprezzare dalla clientela costringe il libero professionista a dedicare gran parte della giornata al proprio lavoro, senza tenere conto degli orari.

In sintesi, lavorare in proprio determina pro e contro che pongono da un lato la libertà e l’autonomia decisionale e dall’altro il sacrificio e l’impegno necessari per generare profitto.

Il rischio e la stabilità

Per quanto oggi non esista alcuna sicurezza assoluta, lavorare come dipendente ed essere in parte tutelati da un contratto significa poter contare su una certa stabilità economica e mentale.

Intraprendere la strada della libera professione, invece, significa mettere in conto una serie di rischi legati soprattutto alla fase iniziale dell’attività.

A livello psicologico essere dipendente fornisce una maggiore serenità mentale; la certezza di uno stipendio fisso ogni mese e la garanzia di ferie e malattie retribuite.
Essere un lavoratore autonomo significa essere sottoposti ad una serie di incognite economiche e di guadagno.
Le entrate, per quanto si possa essere competenti e professionali, sono legate ad una serie di variabili, per cui non possono essere certe.

Sul piano economico, quindi, al rischio della libera professione si contrappongono le garanzie del lavoro dipendente.

Un altro fattore che influisce sulla sfera psicologica è legato alla routine giornaliera.
Il dipendente rispetta un orario lavorativo al di fuori del quale può tranquillamente ‘staccare la spina’.
Il libero professionista, per quanto più libero, paradossalmente non ha orari.
La responsabilità e la necessità di ‘far quadrare i conti’, e possibilmente generare un buon profitto, costringe a ‘straordinari’ prolungati’, a rinunce e sacrifici che riguardano anche ferie e festivi.

Anche in questo caso però bisogna sottolineare che vantaggi e svantaggi sono soggettivi.
Gli aspetti che per molti rientrano nella categoria dei ‘contro’ per altri diventano ‘pro’.
Ad esempio, la ripetitività che caratterizza il lavoro dipendente per qualcuno è ‘monotonia’ per altri invece è sinonimo di ‘serenità mentale’.

Ora sai quali sono i vantaggi del lavoro autonomo e qualli del lavoro dipendente.
Non ti resta che iniziare a valutare, sulla base delle considerazioni che hai appena letto, la strada più giusta da intraprendere.

Credits: focuspocusltd / Depositphotos.com

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