Università | 21 Gennaio 2014
Diritto di studio per tutte le donne del mondo: una battaglia da vincere

Diritto di studio per tutte le donne del mondo: una battaglia da vincere

La sua storia la conosce tutto il mondo. Il Pianeta si è commosso davanti al dramma che l’ha colpita. Ed è rimasto esterrefatto dalla sua capacità di rialzarsi e dalla sua indomita voglia di combattere per un qualcosa che dovrebbe essere scontato ma che in tante, troppe realtà, ancora deve essere acquisito.

Parliamo di  di Malala Yousafzai, attivista pakistana che non ancora quindicenne  fu oggetto di un vile attentato da parte dei talebani, che le spararono diversi colpi di pistola alla testa nel tentativo di ucciderla  per farle pagare con la vita la sua battaglia a favore del diritto allo studio delle bambine in Pakistan.

Malala, figlia del preside di una scuola femminile,  è una vera e propria icona per quanto concerne il diritto allo studio universale, senza distinzione di sesso. Una predestinata per questa battaglia di eguaglianza sociale, visto che gestisce da quando aveva 11 anni un blog per conto della BBC allo scopo di illustrare le barbarie perpetrate dagli “studenti coranici” (questo è il significato di “talebani” in lingua pashtu) nella Valle dello Swat, dove lei vive, e dove tante, troppe bambine, sono costrette a rinunciare all’istruzione e allo studio. Mentre quelle che decidono di accedervi rischiano in ogni istante di pagare con la vita la propria scelta.

“Le idee sono a prova di proiettile”, recita una celebre battuta di un altrettanto celebre film. Malala, trasportando il cinema nella realtà, ne è la dimostrazione. Una ragazzina di quattordici anni cui sparano diversi colpi di pistola alla testa, pare destinata ad una morte prematura quanto ingiusta. Lei no. Lei vuole scrivere altri capitoli esaltanti nella storia della sua lotta.

Malala non muore. la sua guarigione miracolosa sarà l’inizio di un viaggio straordinario dalla remota valle in cui è nata fino all’assemblea generale delle Nazioni Unite. Oggi Malala è il simbolo universale delle donne che combattono per il diritto alla cultura e al sapere, ed è stata la più giovane candidata di sempre al Premio Nobel per la Pace.

«Malala, tu sei la nostra eroina, sei la nostra grande paladina. Noi siamo con te, e tu non sarai mai sola.», ha affermato Ban Ki-moon, segretario generale dell’ONU rivolgendosi verso questa piccola grande donna. Che con il suo coraggio, la sua ostinazione, la sua lotta, rappresenta un modello per quella metà del cielo dal colore rosa che deve competere ancora troppo spesso con pregiudizi, ignoranza, falsità.

Senza andare così lontano, senza aver bisogno di arrivare fino in Pakistan, quante donne, anche nella nostra “democratica” Italia, sono magari costrette a rinunciare allo studio? Per accudire i figli, portare soldi a casa, condannate  a sopravvivere “senza grilli per la testa”, senza ambizioni personali. Tante. Moltissime, in un mondo sommerso di cui si parla sempre troppo poco. Malala deve essere un monito anche per loro. Studiare, crescere, imparare, è un regalo che si fa a sé stesse.

E oggi, in difesa del diritto allo studio universale e trasversale, scende in campo la tecnologia. Che nell’ambito della formazione a distanza ha fatto passi da gigante e che può consentire, magari alle donne che hanno figli o che si dimenano nella quotidianità nel triplo ruolo di mamma, lavoratrice e casalinga, di seguire corsi di laurea direttamente dal proprio computer.

Rita Levi Montalcini ha scritto: “A cento anni ho perso un po’ la vista, molto l’udito. Alle conferenze non vedo le proiezioni e non sento bene. Ma penso più adesso di quando avevo vent’anni. Il corpo faccia quello che vuole. Io non sono il corpo: io sono la mente”.  Ecco. Cerchiamo di curarla, la nostra mente.

 

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