Università | 25 Febbraio 2014
L’Università Niccolò Cusano e il sole della cultura che arriva oltre le sbarre

L’Università Niccolò Cusano e il sole della cultura che arriva oltre le sbarre

Grazie all’Università Niccolò Cusano il sole della cultura ha oltrepassato le sbarre. La conoscenza ha superato le barriere. La cultura ha sconfitto i pregiudizi. Ed ha consentito ad uno studente di laurearsi in carcere,  a Santa Maria Capua Vetere, con la commissione universitaria che per la discussione della tesi si è recata dietro le sbarre.

Il neo dottore ha discusso la propria tesi di laurea in Storia delle Dottrine Politiche dal titolo «La riforma protestante e la vita politica», di fronte alla Commissione inviata dall’Università Niccolò Cusano nel carcere campano e formata dalla Preside di Scienze Politiche dell’Unicusano, Maria Paola Pagnini, dal suo relatore, Alberto Clerici (Storia delle Dottrine Politiche), Silvio Berardi (Storia Contemporanea) e Alfonso Giordano.

Una dimostrazione importante di come si debba pretendere il diritto allo studio anche nei momenti più complicati. Perché per iniziare a rifarsi una vita, per cercare di limare i problemi del passato, accrescere la propria cultura, migliorare la propria persona con il conseguimento di una Laurea, può essere un passo decisivo.

 Charles-Louis de Secondat, barone de La Brède e di Montesquieu, meglio noto unicamente come Montesquieu, pensatore, filosofo e politico francese, ha scritto: “Lo studio è sempre stato per me il rimedio sovrano contro il disgusto della vita, e non ho mai provato un dolore che un’ora di lettura non sia riuscita a far svanire.”

Impossibile contraddirlo. Studiare allunga e “allarga” l’esistenza. E la facoltà di apprendere, di conoscere, di capire, di “crescere” deve essere alla portata di tutti.

Purtroppo come evidenzia una inchiesta di Avvenire, le statistiche del Ministero della Giustizia parlano chiaro. E dicono che su 66.028 detenuti totali (38.795 italiani e 23.233 stranieri), il 7% è analfabeta o privo di titolo di studio, il 21,1% ha la licenza elementare, il 59,4% il diploma di scuola media, l’1,2% il diploma di scuola professionale, il 9,3% quello di scuola superiore e l’1,6% è laureato.

A proposito delle difficoltà che incontrano i detenuti che avrebbero voglia di iniziare o riprendere gli studi, ha scritto anche La Repubblica, evidenziando come in alcune prigioni studiare possa sembrare paradossalmente “vietato”.

Eppure, di detenuti che tornano sui libri per conquistarsi un momento di libertà e per costruirsi un futuro migliore ce ne sono.  Lo studente che ha appena conseguito all’Università Niccolò Cusano una Laurea in Scienze Politiche ne è l’esempio.

Studiare sempre. Studiare comunque. In ogni situazione. Anche in carcere. Si può. Si deve. A maggior ragione se si pensa che negli ultimi anni la tecnologia ha compiuto eccezionali passi in avanti e ha sdoganato la formazione universitaria a distanza.

Esistono atenei d’eccellenza che offrono la possibilità di studiare online attraverso metodologie d’insegnamento all’avanguardia che mettono a disposizione dello studente non solo tutto il materiale didattico necessario al superamento di un esame, ma anche la possibilità di dialogare con i docenti, con colleghi universitari o con tutor di facoltà.

Kahlil Gibran ha scritto: “L’errore spesso rappresenta l’inizio della conoscenza“.  E’ giusto dare a chi ha sbagliato tutti gli strumenti in grado di portarlo, in futuro, a non prendere lo stesso abbaglio. Lo studio può e deve rappresentare, in alcuni casi, il primo passo da compiere per combattere la recidività cui troppo spesso vanno incontro alcuni detenuti.

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