
L’Italia e il caro vita: quanto costa davvero vivere nel 2025?
La nuova infografica di Unicusano sul costo della vita in Italia offre una panoramica aggiornata sull’andamento dei prezzi nel 2025, analizza le voci di spesa più critiche per le famiglie e mette a confronto stipendi, inflazione e potere d’acquisto. Un’indagine dettagliata che aiuta a comprendere quanto costa davvero vivere oggi nel nostro Paese.
Nel 2025, il tema del caro vita è più che mai centrale nelle vite delle famiglie italiane. Dopo i picchi inflattivi del biennio 2022–2023, l’indice generale dei prezzi ha rallentato, ma l’impatto sui bilanci resta evidente. Secondo i dati, l’inflazione annua registrata a febbraio è del +1,6%, in netto calo rispetto al +5,3% del 2023 e al +8,1% del 2022. Tuttavia, rispetto al 2015, l’aumento cumulato dei prezzi supera il +19%, con conseguenze concrete sul potere d’acquisto.
Una famiglia composta da tre persone spende oggi in media 3.280 euro al mese, di cui circa il 35% è destinato alla casa (mutuo o affitto), il 20% all’alimentazione e oltre il 12% alle utenze domestiche. I single affrontano costi proporzionalmente più alti, con una spesa media mensile di 2.250 euro, cioè 564 euro in più rispetto a chi vive in famiglia. Il dato non sorprende: vivere da soli implica l’intera gestione dei costi fissi, senza possibilità di condivisione.
A pesare sono soprattutto i beni essenziali. Il carrello della spesa è più caro del 31% rispetto a dieci anni fa. In particolare, pasta, pane, farina e riso hanno registrato aumenti tra il 20% e il 38%, mentre l’olio di semi è cresciuto addirittura del 68%. Questi rincari hanno spinto molte famiglie a modificare le proprie abitudini, riducendo il consumo di carne e pesce e orientandosi verso offerte, discount e marchi “first price”.
Anche le utenze incidono sempre più sui bilanci: il gas, pur in leggero calo rispetto al 2023 (–105 euro l’anno), costa ancora il 47% in più rispetto al 2021. L’elettricità è aumentata del 38% rispetto al 2015. Il costo annuo del gas per una famiglia tipo è passato da 700 euro a 1.135 euro nel giro di dieci anni.
Un’altra voce in crescita è quella della sanità. Le spese “out-of-pocket”, cioè non rimborsate dal Servizio Sanitario Nazionale, sono aumentate del 28% in un decennio. Un’otturazione costa oggi il 31,8% in più rispetto al 2015, mentre l’igiene dentale è passata da 65 a 79 euro (+21,5%). Il 41% degli italiani ha rinunciato ad almeno una visita medica nel 2024 per motivi economici, una percentuale che sale al 58% tra disoccupati e precari.
Sul fronte degli stipendi, i dati mostrano una disconnessione evidente: tra il 2013 e il 2023, le retribuzioni contrattuali orarie sono aumentate del 12%, a fronte di un’inflazione del 19% nello stesso periodo. Il potere d’acquisto si è quindi ridotto del 7%. I settori più penalizzati sono il commercio e il turismo, mentre solo l’agricoltura ha registrato un aumento in linea con l’inflazione.
Le disparità territoriali aggravano il quadro. A Milano, il costo della vita per una persona sola può superare i 1.980 euro al mese, mentre a Campobasso si attesta intorno ai 1.210 euro, con un risparmio del 40%. Tuttavia, le città meno costose offrono minori opportunità lavorative e sociali, rendendo difficile il riequilibrio.
Nei prossimi anni, secondo le proiezioni OCSE e Banca d’Italia, affitti, trasporti e servizi continueranno a salire, mentre i salari reali cresceranno lentamente, attorno allo 0,9% annuo. Alcune proposte legislative, come l’introduzione di un salario minimo a 9 euro l’ora e il taglio del cuneo fiscale, puntano a contenere la deriva. Ma il nodo resta: vivere dignitosamente in Italia è diventato più difficile. E la questione non è solo economica, ma sociale.
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